Libri Fundraising in vendita

Un manuale di fundraising può aiutarti a potenziare a tua raccolta fondi: qui un elenco di libri di fundraising in vendita

Libri manuali fundraising

AGGIORNAMENTO: TUTTI I LIBRI SONO GIA’ STATI VENDUTI. SI RINGRAZIA CHI HA PARTECIPATO ALL’INIZIATIVA

Causa mancanza di spazio,  non posso più tenere alcuni libri sul Fundraising e il non profit. Ho pensato quindi di darvi l’elenco qui; probabilmente a qualcuno possono interessare, dato che si tratta anche di ottimi testi.

Trovate sotto l’elenco, con un link che vi da le informazioni sul libro e due righe di commento personale.

Per venirvi incontro, cedo questi libri a circa un terzo del loro prezzo di copertina; se pensi di prenderne un po’, possiamo anche valutare un ulteriore sconto.

Ora, come te li faccio avere (perchè li vuoi comprare, vero ? 😉 ).

Se sei di Torino, ci incontriamo dal vivo

Se sei di Milano… beh, ci vengo a breve. mettiamoci d’accordo.

Se sei di altre posti… organiziamo una spedizione (che si va ad aggiungere al costo totale dei libri).

Per avere i libri o ulteriori informazioni a riguardo, contattami tramite il form qui sotto.

Eccoti l’elenco di libri e manuali di fundraising: buona Lettura!

 

Strumenti Giuridici per il Fundraising, 9,50  3 Euro. Un agevole testo con le principale normativa sul fundraising. é di un paio di anni fa, ma in buona parte ancora valido

Libertà di Fundraising: 9,50 3 Euro. pamphlet di Valerio Melandri sui freni che bloccano il fundraising in Italia, e di come rimuoverli. Non son d’accordo su tutto (ma, come diceva Mark Twain, “se la pensassimo tutti allo stesso modo, non esisterebbero le corse di cavalli”), ma sicuramente merita.

Fundraising Online: 9,50 3 Euro. Non sai niente di fundraising online e vuoi farti una cultura? comincia da qua. I due autori, due veri esperti, ti guideranno in una non approfondita, ma sicuramente completa disamina delle potenzialità di “andare online

Integrare il fundraising: 9,50 3 Euro. Scritto da Daniele Fusi, libro molto pratico e ricco di buoni spunti. Indispensabile se state creando una strategia di FR.

La Privacy per il Nonprofit e il fundraising: 21 7 Euro: testo vecchiotto (2007), ma utile. Il sunto? la privacy è una bella gatta da pelare.

Scrivere di Fundraising: 9,50 3 Euro: Se è vero che il fundraising è anche “raccontare storie”, allora per fare bene fundraising bisogna raccontare bene. In questa agile guida alcuni consigli indispensabili per farlo

Trovare lavoro nel nonprofit:23,50 7 Euro. L’ho usato all’inizio, e fornisce buoni consigli per trovare un lavoro (non solo nel non profit)

Viaggio nel Fundraising: 16 6 Euro: a parte una breve introduzione sul fundraising, contiene delle interessante interviste a fundraiser professionisti e sul loro lavoro

Il fundraising in italia: 25 8 Euro: storia del fundraising nel Bel Paese.

Programmazione e Controllo nel Non Profit: 25,50 8 Euro. Ok, non è che proprio l’adrenalina scorra mentre lo si legge. Ma se ti occupi di aspetti manageriali, ti servirà parecchio (se stai facendo un budget, se ti chiedi cosa è il breakeven,…)

People Raising: 20,7 6 Euro. credo che non abbia bisogno di spiegazioni oltre al titolo. Se invece non comprendi di che parla… beh, ti conviene allora comprarlo!

I Costi del Fundraising; 9 3 Euro: Cosa è il Long Term Value? E come Calcolare il Roi di un mailing su prospect?Ce la faremo a raggiungere il breakeven? Le risposte a queste domande che non i facevano dormire la notte in sole 41 pagine

Fundraising with The Raiser’s Edge: 45 Dollari: 20 EUro: Bill Connors ci guida attraverso le magie del più noto e popolare database per il fundraising nel mondo: The Raisers Edge! il testo è di qulche anno fa, quindi anche alcuni impostazioni del software saranno cambiate. Ma per chi si occupa di DB (o sta scegliendo quale usare), si tratta di un’utilissima guida.

La campagna di Raccolta Capitali: 28 15 Euro. Ok, la tua ONP ha finalmente deciso di lanciare una raccolta capitali seria. Basta cene di autofinanziamento e basta! In questo libro troverai i consigli su comq pianificarla, come coinvolgere il direttivo, e un utile corredo di moduli da compilare per pianificare al meglio

Materiali per un corso di Fundraising: 38 15 Euro: Il libro, rieditato più volte, contiene materiali del Prof. Melandri nei sui corsi. Dalla raccolta capitali al fundraising online, dalle grandi donazioni ai bandi… e molto altro ancora

 Telemarketing per il Sociale: 29 10 Euro: Il sottotitolo recita “Il fund raising telefonico efficace”. Occorre dire di più?

Promuovere una fondazione dedicata alla raccolta Fondi: 27 10 Euro. Qui il sottotitolo è “La strategia del Fundraising nel lungo termine”, e anche qui mi sembra che non ci sia molto altro da dire.

Chiedere e ottenere grandi donazioni: 28 10 Euro. Un campo della raccolta fondi ancora sottovalutato in Italia. Con questo manuale, i primi passi da compiere e la logica da seguire.

 

Ice Bucket, il Papa e me

Ice Bucket Challenge

Ice Bucket Challenge

Aprile 2012… gasp, è più di due anni che non scrivo su questo blog.

Salterò le consuete righe di scuse  (“sono stato impegnato”, “è stato un periodo frenetico” “il mio criceto ha partorito”…) per concentrarmi su quella che è l’attività di raccolta fondi sulla bocca (e sulle bacheche facebook) di tutti in questo piovoso agosto: la Ice Bucket Challenge.

Il funzionamento è stra-noto, quindi non mi dilungo: si riceve la nomination e ci si fa un video, da pubblicare sui social, nel quale ci si fa versare addosso un secchio di acqua gelata. Contemporaneamente si fa una donazione in favore delle ONP che si occupano di SLA.

Ciò fatto, si nominano altre tre persone, invitate a far lo stesso.

Il fenomeno è nato negli USA e si è diffuso da noi in modo virale, complice anche il riscontro mediatico dato dalla partecipazione di alcune celebrità; da Bill Gates a Justin Bieber (di cui, alla veneranda età di 29 anni, fatico a comprendere il successo).

In ogni caso, il fenomeno ha coinvoltò anche una fetta di celebrità nostrane. Per nominarne due: Fiorello e il Premier Matteo Renzi.

Tra favorevoli e contrari, c’è stato un aspetto che più di tutti ha suscitato critiche: la spettacolarizzazione. L’idea cioè che si renda l’atto di donare un grande, fragoroso e narcisistico circo mediatico, nel quale si è tanto intenti a farsi vedere e a ridere che ci si dimentica di donare.

O, peggio, si enfatizza e pubblicizza la propria donazione. Aspetto a cui sembra riferirsi proprio Papa Francesco nel suo ultimo tweet.

Ora, se sto scrivendo un post sull’argomento è perchè ho un’opinione in merito. E se sei arrivato fin qui a leggere, forse ti interesserà sapere come la penso.

Se è così, ecco in sintesi cosa mi frulla in testa a riguardo:

1) è una bella idea, e credo il suo pregio maggiore sia aver comunicato un problema poco noto a milioni di persone. Ma attenzione, con queste persone si è comunicato, NON le si è coinvolte. Una cosa è fare una donazione in seguito ad un gioco (perchè di tale si tratta, e non credo sia un aspetto da condannare). Ben altra è avere un impegno costante, ripetuto nel tempo. Per dirla in soldoni… se l’iniziativa venisse ripetuta il prossimo anno, quanti la rifarebbero?

2) A dare una rapida occhiata alle bacheche di FB, soprattutto di quelle dei non addetti ai lavori (perchè la maggior parte dei donatori non sono fundraiser, è sempre bene ricordarlo), la Ice Bucket Challenge viene etichettata come LA raccolta fondi. Ma è davvero così? A guardare i dati, la compagna ha ad oggi raccolto 70 milioni di dollari. In Italia 200.000 euro. Come dicono negli USA, “evert gift counts”… ma non è un po’ poco?

Voglio dire… la sola Save The Children Italiana nel 2013 ha raccolto 60 milioni. Eppure non ne ho sentito parlare al TG, sui social, dagli amici.

C’è quindi un grande rischio. Sovrastimare il fenomeno e far illusoriamente credere alle persone che questa sia la migliore forma di raccolta fondi, e il miglior tipo di sostegno che possono dare. Sporadico, imprevedibile, e poco sostanzioso; ma molto chiaccherato.

3) è tutto da buttare? assolutamente no: in un periodo generalmente povero di donazioni (e chi pensava a donare, ad agosto) si è parlato di ricerca, di non profit, di donare. Si sono aperti dibattiti: c’è gente che si fa versare un secchio in testa ma poi non dona? è etico comunicare l’importo della propria donazione? Non è meglio donare e basta?

E, cosa importante, ci si è divertiti. Si, perchè finchè si concepisce la donazione come un sacrificio (donazione= soldi in meno da spendere) la partita sarà sempre persa. Sapete cosa Henry Rosso pensava del fundraising. Per chi non lo sapesse, googolatelo e troverete la migliore definizione esistente di raccolta fondi, nonchè quella più che adatta in questa situzione.

4) E, in ultimo, il punto sollevato dal Papa: è giusto mostrare in pubblico il proprio sostegno?

Su quest’ultimo punto, mi devo dire in disaccordo con il Pontefice (non sono informato se esista ancora il dogma dell’infallibilità… speriamo di no!).

è vero, ostentare la propria generosità è quanto di più indelicato ci sia.

Ma comunicarla può avere un effetto più che positivo, e cioè: coinvolgere altre persone.

Un piccolo aneddoto personale: quasi 3 anni fa per il mio compleanno lanciai un’iniziativa di Personal Fundraising, di cui parlai anche su questo blog: invece che regali, fate donazioni per CasaOz. Raccogliemmo più di 800 euro.

Pur essendo io quanto di più distante da un opinion leader (il primo a ritenere una cretinata cioè che dico, penso e scrivo sono io), ritengo che sia stato positivo. Alcuni amici fecero donazioni sostanziose, altri coinvolsero amici loro (quindi, de facto, ho ricevuto regali da gente che non conosco); altri, ispirati, fecero iniziative simili. Altri ancora si ricordano sempre di CasaOz quando decidono di destinare il 5×1000.

E potreste chiedere: si, ma qual è la differenza tra ostentare e comunicare?

Non lo so.

O meglio, non lo so per certo. Mi sono affidato alla mia sensabilità. Non ho fatto niente che non rifarei, detto cose che che non dico di solito, coinvolto con modalità che non mi sono congeniali. Ma ha funzionato, ed è stato divertente.

In conclusione: va bene l’Ice Bucket Challenge… ma non fermiamoci a questo 😉 Il non profit ha bisogno (e merita) molto di più 😉

E voi che ne pensate?

Perchè andare al Festival del Fundraising

Mi ha scritto Francesca, mia ex compagna del Master in Fundraising che attualmente si sta occupando dell’ufficio stampa del Festival in Fundraising, chiedendomi se posso scrivere qualcosa a riguardo sul Festival.

E io lo faccio con piacere: anche quest’anno infatti parteciperò (mi sono già preso ferie a riguardo), e stavolta in veste di volontario. E lo faccio perché ritengo che il Festival sia un degli appuntamenti imperdibili per chi svolge questa professione in Italia; quelli che troverete qui sotto sono motivazioni del tutto personali, ma proprio per questo vorrei avere una vostra opinione a riguardo.

Innanzitutto, ci andrò per le persone: persone nuove (come il primo anno in cui sono andato e non conoscevo nessuno) e quelle che conosco già, e che forse il Festival è una delle poche occasioni per reincontrare: Irene, Alessandra, Renato, Tania, Sonia e tutti gli altri compagni del master, il professor Mallabone, persone che l’altro anno ho solo incrociato come Emma Cicereri… ci vediamo tutti li! Personalmente, ritengo che il festival sia un’ottima occasione anche per portare il proprio CV…

Poi ci andrò per le sessioni: date un’occhiata al sito, ce ne sono per tutti i gusti. Nel tempo libero che avrò cercherò di seguire qualcosa sull’online (probabilmente la sessione di Paolo Ferrara), qualcosa sul rapporto con i donatori (qualche relatore estero ma anche il nostrano Daniele Fusi) e sui lasciti, un settore da tenere sotto occhio. E poi, la sessione di Guy Mallabone sui grandi donatori ovviamente, che consiglio a tutti anche solo per la carica che sa trasmettere.

Ci andrò per fare gruppo: credo che i fundraisers in italia siano ancora troppo divisi, e finchè non ci mettiamo a lavorare insieme per far crescere e conoscere questa professione non andremo molto lontano. Il Festival è un passo fondamentale di questo processo.

Ci andrò per tornare carico: come mi era successo l’anno scorso.

e, poi, non neghiamolo, ci vado anche per divertirmi 😉

Dal sito del festival vedo che ci sono ancora alcuni posti disponibili, quindi… ci si vede a castrocaro!

Aumento tariffe postali per le spedizioni: non è un problema (solo) per i fundraisers

E’ recente la notizia di un aumento delle tariffe di spedizioni postali: ne hanno già parlato in molti, tra cui Paolo Ferrara e Francesco Santini.

Ebbene, anche io penso che non ce ne sia da rallegrarsi… ma vorrei sottolineare ancora di più che non è un problema solo delle ONP, o peggio ancora solo dei fundraisers.

Mi spiego… il settore non profit in italia copre molti settori che lo stato copre poco (ad esempio, le onlus territoriali, quelle che si occupano di cultura,…) non copre abbastanza (cooperazione internazionale) o quei settori che lo stato NON può coprire (se Greenpeace e Amnesty hanno anche il compito di sollecitare e stimolare i governi, ne va da se che NON possono essere statali). Rendere più difficile per queste strutture il reperimento autonomo di fondi renderà sostanzialmente quasi impossibile per le organizzazioni non profit gestire i loro servizi.

E allora, vuoi dire che qualcun altro (stato, organizzazioni profit, Superman,…) dovrà gestirli! vedremo come e a che prezzo lo farà…

Un’ultima riflessione… ha molto senso tagliare i finanziamente alle non profit, e poi organizzare un maxicondono per il rientro di una (assolutamente minima) quota di capitali dall’estero? Non si potrebbe far pesare  di più la crisi a loro?

Se però anche voi, come spero, non siete d’accordo con questo provvedimento, vi invito a iscrivervi al gruppo di facebook dedicato e a firmare la petizione su Vita.

Sappiamo bene che in Italia il settore non profit “pesa”: è ora di metterci sulla bilancia e dimostrarlo.

It’s all about the People

Quando ero in Canada avevo avuto il piacere di partecipare ad un evento del SAIT per la promozione della campagna “Prominsing Futures”, volta a raccogliere più di 70 milioni di dollari per l’ampliamento delle strutture dell’università. Ero rimasto davvero impressionato da quante volte durante tutto l’evento, e durante il resto della campagna, è stato ripetuto l’impatto che queste strutture avranno sulla vita degli studenti e dell’intera comunità.

“It’s all about the people”, continuavano a ripetermi. E più che mostrare piantine e piani architettonici, mostravano testimonianze di studenti, docenti, alumni, genitori… Perchè è vero, un edificio non è nulla di più che un insieme di cemento e metallo: ma è importante perchè cambiarà la vita di molte persone. Ed è quel cambiamento e quelle persone che dobbiamo mostrare, perchè è per questo che altre persone donano.

Anche il video della Cancer Research UK qui sopra riflette benissimo modo di operare.

La ricerca sul cancro è fatta di tante cose: letti di ospedale, camici, provette, componenti chimici, stipendi di ricercatori e personale, edifici dove fare ricerca, macchinari per fare la chemio, sedie a rotelle per chi non riesce più a camminare… ma invece che mostrare tutto questo, il video si focalizza sul motivo per cui tutto questo è importante: le persone.

Un sincero augurio di Buon Natale a tutti!

Alberto

p.s. oltre a questo video, sto raccogliendo su su youtube i migliori video sul fundraising: se qualcuno ha suggerimenti si faccia avanti!

Il fundraiser non è un mago… e neanche un venditore di panettoni

“hai studiato fundraising? wow, allora ci potrai aiutare a vendere i panettoni che ci sono avanzati dalla giornata di piazza: ne abbiamo il magazzino pieno!”.

Chi mi parla è un’amica ritrovata inaspettatamente a Bologna, e che ora ricopre ruoli dirigenziali in un’organizzazione non profit. Del fundraising ha sentito parlare, ovvio, ma dal tono della conversazione mi rendo conto di cosa la gente in genere pensa sia il fundraising.

Credo infatti che sia diffusa la sensazione che il fundraising sia una serie di “trucchi” (per alcuni anche inganni) che consentono di prendere più donazioni. Per fare il fundraiser servirebbe quindi fantasia, inventiva e originalità… nonchè una grande dose di faccia tosta per “chiedere alla gente soldi”.

Non che fantasia originalità non servano, sia ben inteso… ma non credo sia questo il punto. Fundraising è realizzare scambi sociali convenienti per entrambe le parti; per l’organizzazione e i beneficiari, che ricevono la donazione, e per il donatore, che sa di aver dato il suo contributo a una causa a cui tiene.

Ridurre il fundraising a scelte cromatiche (“il volantino facciamolo rosso, che si vede di più”), musicali (“facciamo un concerto pop, attira più gente”) o alimentari (“macchè cena solidale: facciamo un bell’aperitivo!”) credo che sia sminuente. E anche inesatto.

Nel caso dei panettoni… prima di chiedersi “come facciamo fuori quelli che ci avanzano?” credo che l’organizzazione in questione avrebbe dovuto chiedersi:

1) Quanto vogliamo raccogliere… e per che progetto?

2) Abbiamo sufficienti volontari e risorse per gestire una giornata di piazza?

3) La cifra richiesta è adeguata?

4) Chi potrebbe essere più interessato a farci una donazione in questo modo? come promuoviamo presso target l’iniziativa (radio? giornali? internet?) e dove possiamo trovarlo? (piazze? scuole? cinema? mercati?).

5) Quale è il momento migliore per vendere i panettoni (8 dicembre? sabato o domenica? siamo sicuri che non ci siano nella stessa piazza iniziative simili di altre associazioni?)

6) Come teniamo i contatti di chi ci compra i panettoni? (iscrizione a newsletter?)

7) E poi, la domanda più importante: non c’è un’altra possibile iniziativa che possiamo fare che potenzialmente può rendere di più impegnandoci di meno?

Se invece si è già deciso che si vogliono vendere panettoni, ad una determinata cifra in un determinato posto, questi panettoni avanzano e si cerca qualcuno che abbiamo un modo per venderli tutti… più che un fundraiser serve Silvan!

4 motivi per cercare un consulente

Qui al SAIT ho visto due consulenti coinvolti in due progetti diversi. La cosa all’inizio mi ha sorpreso: perche’ spendere soldi per un parere esterno… quando hai in casa un ottimo ufficio di fundraising?

Ragionandoci e parlandone con i colleghi qui, credo di avere individuato 4 motivi per cui fare ricorso ad un consulente sia una buona idea (e una buona spesa…).

1) Quando cominci. Se non hai mai fatto fundraising, hai bisogno di una mano per partire. Non solo facendo formazione pero’: credo che il ruolo del consulente sia anche quello di aiutarti ad organizzare il tuo ufficio e la gestione del tempo e delle risorse, dare insomma una struttura all’insieme delle azioni che vuoi mettere in atto per gestire un’attivita’ complessa (non nel senso di difficile, ma composta da tante dinamiche e variabili diverse) come il fundraising.

2) Quando vuoi avere un parere oggettivo: e’ vero, tu che ci lavori dentro tieni alla causa e sai come funziona la tua raccolta fondi meglio di chiunque altro. Ma forse, proprio per il fatto di “esserci dentro”, sei inbrigliato in meccanismi che ormai dai per naturali e non riesci a vedere opzioni diverse. Un consulente, che magari ha visto piu’ organizzazioni diverse, puo’ darti un parere oggettivo esterno… e magari farti vedere  che certe cose sono fattibili anche se non le hai mai fatte prima!

3) Quando hai bisogno di uno specialista: a volte hai bisogno di qualcuno super esperto in un determinato campo (viral marketing, eventi, campaining, fundrising on line…). Oltre ad aiutarti a realizzare l’attivita’ per cui l’hai assunto, potresti anche imparare qualcosa da lui…

4) Quando… non hai tempo! Non sempre si riesce a gestire tutto: un consulente ti puo’ aiutare a sfoltire la mole di lavoro per un determinato lasso di tempo.

Personalmente non amo molto la modalita’ di consulenza che chamo “fundraiser in affitto”, ovvero quella in cui il consulente lavora come se fosse il fundraisers dell’associazione (anche andando a chiedere direttamente a potenziali donatori). Non ritengo che sia opportuno infatti lasciare questo ruolo ad un esterno: questo e’ il compito del fundraiser interno all’organizzazione.

Il Fundraising provano a farlo proprio tutti…

Leggo tra le notizie di un importante quotidiano italiano, L’Unita’, una notizia piuttosto curiosa che mostra come anche un soggetto un po’ particolare della vita internazionale stia provando a fare fundraising per portare avanti la sua “causa”…

E questa notizia mi fa riflettere su due punti:

1) Come si puo’ vedere anche il profit e soggetti particolari (come quello della notizia) provano a usare meccanismi e linguaggi propri del non profit per i loro intenti… e questo significa che questi meccanismi FUNZIONANO.

2) Oltre ad un’amministrazione etica della donazione, e’ importante educare i donatori ad effettuare prestare attenzione a chi e per cosa.

Buon fundraising (per cause veramente giuste) a tutti!

Metti i tuoi donatori al muro

E’ stata una delle prime cose che ho visto qui al SAIT: il donor wall.

L’idea e’ semplice; se qualcuno fa una donazione cospicua, soprattutto per costruire un edificio, si inserisce una targa commemorativa con il suo nome (industria o donatore singolo che sia). Chiunque usufruira’ di quell’edificio, sia esso una scuola, un ospedale o un centro ricreativo, sapra’ che e’ stato reso possibile grazie a quel donatore.

E quest’ultimo, ogni volta che sara’ invitato dall’ONP a visitare la struttura, vedra’ dove sono finiti i suoi soldi….e probabilmente donera’ ancora!

E gia’, perche’ oltre al donor wall qui al SAIT sono soliti anche intitolare stanze o strutture ai loro donatori. Se il signor tizio caio ha donato 10 milioni di dollari per la Energy school… la scuola si potrebbe chiamare “Tizio Caio Energy School”. Non pensate che sia un esempio buttato li: e’ esattamente quello che e’ successo qui al SAIT!

Ora… quanto si sente coinvolto un donatore se una struttura della sua ONP preferita porta il suo nome?

Ovviamente la cosa non e’ improvvisata: ogni decisione in merito deve essere approvata dal bord dell’associazione e qui hanno pue una policy inerente.

Anche se in Italia qualcuno gia’ lo fa (penso ad Amref, che mi risulti intitoli alcuni pozzi in africa ai suoi donatori) credo che questo sia un ottimo sistema per ringraziare e legare i donatori all’associazione.

Saluti canadesi a tutti!

Quando il Fundraising me lo fai tu

Come al solito, uno dei metodi migliori per imparare a fare fundraising è… guardare cosa fanno gli altri!

C’è chi lo chiama copiare, chi “prendere spunto”, ma da quello che ho visto le iniziative altrui sono sempre un ottimo sistema per generare idee… o almeno avere uno spunto da cui partire!

Andiamo a vedere quindi cosa fanno gli altri, magari in UK o USA.

Scopriremo così che una pratica molto comune è far fare il fundraising… ai propri sostenitori! Dargli cioè gli strumenti (idee, brochures, materiali,…) per organizzare da soli i propri eventi di raccolta fondi. Questo non solo permettere di fare raccolta fondi (ovvio), ma irrobustisce enormemente il legame tra il donatore, cioè l’organizzatore dell’evento, e la non profit.

Per parlare di ciò che conosco un po’ mi concentro su due casi: Croce Rossa americana e Croce Rossa inglese.

La gioventù dell’American Red Cross ha fatto un bel lavoro: dalla pagina del loro sito dedicata al fundraising (e ce n’è molto on line) si possono scaricare banner, widgets, dispense e idee varie, per tutte le occasioni.

La pagina della British Red Cross è però molto più completa!

– dispense con delle idee e suggerimenti per eventi a scuola, nei luoghi di lavoro o nelle feste

– informazioni su questioni legali

– due dritte su come pubblicizzare il tuo evento

– la possibilità di registrarlo on line (così da mantenere i contatti tra la Croce Rossa e il donatore).

– cercando nel sito, trovate anche una puntata del podcast che racconta cosa vuol dire organizzare un evento

– e poi, ciliegina sulla torta: “hai bisogno di un aiuto? contatta il tuo fundraiser di zona

Visto che anche qui in italia gestire i donatori privati sta diventanto più oneroso, forse è arrivato il momento di coivolgere di più, anche con iniziative come queste, quelli che abbiamo già.