La testimonial che vorrei

Molte ONP hanno dalla loro parte dei testimonial; persone note nel mondo dello spettacolo, degli affari, della cultura,… che prestano la loro immagine in favore di una buona causa. Eccovi un caso di eccellenza in questo settore.

Ancora una volta si tratta della British Red Cross (li seguo con attenzione, e fanno cose davvero interessanti) e della giovane cantante anglo- georgiana Katie Melua, in Italia ancora poco nota ma molto amata in UK e USA, autrice di canzoni pop acustiche come la famosa “Nine Milion Bycicles”.

Nel dicembre 2007 Katie Melua pubblica il singolo “What a wanderful word”, cover della celebre canzone di Luis Armstrong (il video è qui sopra), cantato con Eva Cassidy: tutti i proventi saranno destinati alla British Red Cross.

Il disco è un successo, e in poco tempo raggiunge la vetta della chart inglesi, posizionandosi al n°1!

Nelle sue uscite pubbliche Katie continua a parlare della sua collaborazione, e del fondamentale lavoro che svolge la BRC.

Il loro cammino insieme però non si interrompe. Una delle attività sui cui la British Red Cross punta molto sono i corsi di primo soccorso alla popolazione; ed ecco perciò Katie seguire uno di questi corsi, invogliando altri giovani a parteciparvi e dichiarando che “imparare il primo soccorso può salvare delle vite, e chiunque può farlo!”

In concusione, possiamo vedere che ci sono due modi di fare ricorso ai testimonial.

La partecipazione “spot”, magari solo con un evento, dove si cerca di avere dalla propria un qualsiasi personaggio famoso (anche la velina di turno, che a parte la gradevolezza estetica poco può aggiungere) per “attirare l’attenzione”.

Oppure, come nel caso di sopra, un testimonial selezionato che conosce e apprezza l’ONP, che si rende partecipe e si coivolge, con un rapporto continuato, nelle attività. Non una semplice apparizione, quindi, ma un vero e proprio amico.

La tua buona causa in cartolina

Le puoi trovare in pizzeria o in palestra; al bar o nella sala d’attesa del dottore. Sono piccole, costano poco, e possono essere l’occasione per dare sfogo alla creatività. E magari per farti un po’ di pubblicità ad un costo contenuto.

Sono le freecards, quelle cartoline che si trovano nei luoghi di passaggio e che si possono prendere liberamente (sono free, appunto), veicolando un messaggio o una pubblicità. Il profit le utilizza già, e qualche ONP ha seguito l’esempio.

Sul sito di Promocard, una delle aziende che si occupano di questo settore, potete travare una galleria di cartoline realizzate da non profit italiane (alcune le trovate qui sopra).

Che vantaggi possono avere? provo a ipotizzarne alcuni

1) Basso costo

2) Un veicolo “nuovo”, che attiri di più l’attenzione

3) Per chi è già socio o sostenitore, potrebbe esser un gadgets collezionabile

4) Per le ONP locali, attraverso la dostribuzione nei locali, si può rinsaldare il legame con il territorio

5) Facile veicolo per promuovere eventi locali (attività di piazza, concerto, giornata di sensibilizzazione,…)

All’infuori del cane, il libro è il miglior amico dell’uomo

photo by Gret@Lorenz

photo by Gret@Lorenz

“All’infuori del cane, il libro è il miglior amico dell’uomo. Dentro il cane è troppo buio per leggere”.

Questo simpatico aforisma di Gruocho Marx (grande comico, ma anche gran lettore) ci ricorda quanto possa essere importante nella nostra vita un libro.

Ci sono ilibri che fanno la storia (la Bibbia, o il Manifesto); ci sono i libri che ci obbligano a leggere a scuola. E a volte ci sono i libri che ci cambiano la vita; quelli che abbiamo letto più volte, con lo stesso piacere con il quale reincontriamo un caro amico.

Facendo un giro sui Blog che si occupano di fundraising, vedo che che sono molto richiesti i libri che trattano questo arogomento; “dove trovo un buon manuale di fundraising?”, oppure “quale libro sulle fondazioni mi consigli?”, o ancora “se volessi specializzarmi nel mailing, cosa dovrei leggere?”. Alcuni, come Paolo Ferrara, hanno stilato un’elenco delle pietre miliari.

Dal canto mio, ho pensato che potrebbe essere utile creare una biblioteca collettiva. Esiste un social network infatti, Anobii, che è dedicato proprio alla condivisione dei libri. La dinamica è semplicissima. Ci si iscrive, si crea il proprio profilo, e poi pian piano si inseriscono i propri libri preferiti e quelli in lettura. Si possono taggare (ad esempio, come “saggi” o “polizieschi”), commentare, visitare le librerie altrui,… e ovviamente iscriversi a gruppo tematici.

Se vi interessa condividere i vostri libri sul fundraising e sul non profit, ho creato un gruppo apposito dal nome (viva la fantasia) Fundraising & Nonprofit.  Per chi cerca invece libri su sul web 2.0, capitale sociale, ecc. esiste un gruppo dal nome Non profit 2.0.

Pertanto, buone letture (che spero vogliate condividere) e a presto!

London Calling: visita alla British Red Cross

Terza e ultima puntata della serie “London Calling”.

Come avevo già preannunciato, la terza puntata della serie London Calling avrebbe narrato la mia visita ad un’importante nonprofit con sede a Londra.

La rosa di candidati su cui lanciare scommesse non era certo ristretta; nella capitale britannica hanno sede, giusto per citarne alcune, il segretariato internazionale di Amnesty International, quello di Salvation Army, Oxfam,…

Grazie ad alcuni contatti, ma soprattutto alla insostituibile Elena (ve ne ho parlato qui), sono riuscito a visitare la sede della British Red Cross. Ve ne ho parlato molto spesso (qui, qui, e qui) perchè credo rappresenti un modello di efficienza negli interventi e di grande professionalità nella raccolta fondi. E con questa visita ne ho avuto conferma.

Dopo una telefonata che mi da la conferma della visita, prendo la metropolitana (circle line) e mi dirigo fino alla fermata Moorfields. Il mio contatto è una certa Annalisa.

La sede della British Red Cross è un edificio piuttosto modesto; un parallelepipedo di qualche piano, con un pianterreno costituito da ampie vetrate, tanto che da fuori si riesce a vedere tutto la reception. All’ingresso, in bella mostra, uno dei loro fuori strada usati durante le emergenze; in Inghilterra infatti sono molto attivi sul fronte dei disastri naturali.

La receptionist, una signora anziana e molto rassicurante, mi accoglie con cordialità: informa subito Annalisa del mio arrivo, mi consegna il Badge con il mo nome (Alberto Geone; devo imparare a fare lo spelling in Inglese…) e, una volta saputo che sono un volontario della Croce Rossa Italiana, mi regala una spilletta. Mancava solo che mi offrisse il tè!

Mentre aspetto Annalisa mi siedo sulle poltrone di attesa, sfogliando un loro volantino sulle donazioni regolari. Poco distante, due persone stanno siglando un accordo, con tanto di stretta di mano e foto di rito. Forse si tratta di una delle loro partnership, come quella con la Tesco.

Qualche minuto dopo una ragazza esce dall’ascensore: “Alberto, vero? Io sono Annalisa…”. Una volta che sinceratomi (con mio grandissimo solievo) che si tratta di un’italiana, Annalisa mi conduce al piano inferiore, dove si trova la loro mensa/ zona relax chiamata “Dunant’s dinner”. Comodamente seduti ad un tavolo, dopo avermi consegnato un pacchetto delle loro pubblicazioni e depliant, comincia la chiaccherata.

La mia “guida” è Annalisa, giovane italiana che dopo aver conseguito un master sul nonprofit e nel settore per qualche tempo in madrepatria si è trasferita in UK ed è entrata nella grande famiglia della Croce Rossa. Qui a Londra si occupa del training per i futuri delegati internazionali: un lavoro non da poco. “La BRC spende circa metà del budget in missioni all’estero” mi spiega Annalisa “e tiene moltissimo alla professionalità dei suoi interventi”. La BRC ad esempio fa parte del DEC, la versione inglese della nostra Agire.

“E in UK, come siete messi?” Dai dati che mi fornisce Annalisa, mi trovo davanti ad un’ONP più che florida. Circa 33.000 volontari, impiegati in numerose attività. Il fundraising, soprattutto grazie alla capillare rete di charity shops; l’insegnamento alla popolazione del primo soccorso; l’assistenza a concerti e altri eventi di massa; le attività socio-assistenziali,… L’età media dei volontari forse è un po’ alta, “ma stiamo studiando diversi modi per coinvolgere di più i giovani; è una delle priorità per i prossimi anni”.

I dipendenti invece in UK sono circa 3.000; alla sede di Londra, una volta assunto ognuno di loro segue un mini corso sulla storia e la struttura del Movimento di Croce Rossa e sul “first aid”; dovranno pure sentirla la mission, no?

due volontari durante la appeal week

Fuori dalla mensa trova spazio un piccolo museo, con qualche 4- 5 pezzi storici custoditi dentro teche di vetro; tra di questi, uno dei tanti “secchielli” che viene usato per la raccolta fondi per strada, soprattutto durante la appeal week.

Poi, una breve visita ai piani superiori; tutti open space con diverse persone al lavoro. Tra di questi, il piano dedicato alle operazioni all’estero, colorato da bandiere e ricordi dei paesi dove sono intervenuti, e una stanza con all’interno una piccola biblioteca, per garantire l’aggiornamento del personale. Trovano spazio riviste sul diritto internazionale umanitario, riviste di medicina e, ovviamente, quelle sul fundraising!

Tornato al piano terra, saluto Annalisa: è stata gentilissima a dedicarmi tutto questo tempo, ma per lei è venuto il momento di tornare al suo lavoro; la Croce Rossa non si ferma mai!

Uno degli slogan creati per invogliare la popolazione a imparare il primo soccorso è “Save a life!”, “Salva una vita!”. Alla British Red Cross ogni giorno ne salvano più di una.

Il virale per il non profit

Poco tempo fa su enjoy the market, il blog di Laura dedicato a quanto di nuovo si muove nel marketing, ho partecipato ad una discussione sui video virali per il profit: cosa sono, come sono fatti, quale è il loro scopo.

Grazie a Laura ho imparato che:

1) I filmati virali sfruttano i nuovi media per diffondersi (come un virus appunto) grazie al meccanismo del passaparola di cui si controlla in parte gli effetti (fai circolare quello che vuoi che circoli…o almeno ci provi!)

2) Lo scopo non tanto quello di pubblicizzare un prodotto , ma di diffondere un’immagine di sè dinamica e divertente.

3) Uno dei fattori del successo (che non è così scontato o facilmente riproducibile) di questi viral è la loro capacità di differenziarsi e rimanere nella memoria del fruitore.

E i viral come possono dare una mano al non profit? vediamo tre esempi.

Forse la Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa è arrivata un po’ tardi nell’uso degli strumenti del web 2.0; ma ultimamente si sta riprendendo alla grande, e il suo canale su Youtube (dove trovate anche questo video) ne è uno splendido esempio.

In questo video la parola d’ordine è semplicità: musica accattivante, semplici foto che ritraggono persone, volontari o beneficiari dei servizi, brevità (appena 30 secondi), sito internet ben in evidenza. Il focus è qui sulle persone, con le parole “humanity” and “togetther” ripetute più volte.

Una delle nonprofit che meglio usa il web: Greenpeace! Qui si punta davvero sull’aspetto emozionale, anche perché il video è concepito per convincere le persone a prendere posizione su un tema. Musica e immagini si collimano alla perfezione, il ritmo serrato di metà video fa poi posto ad un’atmosfera più rilassata, per far riflettere su quello che si è visto.

Greenpeace sa usare il web dicevamo: tant’è che, promuovendolo con i mezzi giusti, il video è stato visto circa 450.000 volte…

Questo video invece mi ha colpito per una cosa: non credo che per realizzarlo siano occorsi grandi mezzi. Foto di attività, un programma di video editing (ce ne sono moltissimi gratuiti) e qualcosa di importante da dire.

Questo è il bello del web, che permette a tatti, anche con le risorse scarse di cui dispongono molte onp, di promuovere il proprio messaggio.

Se inoltre volete consigli su come usare i video per le nonprofit, su http://www.internet-fundrasing.it sono state segnalate queste bellissime slides.