Al Master in Fundraising per dire “change is never easy, but…”

Oggi ho avuto l’immenso piacere di tornare nelle aule del Master in Fundraising per ascoltare la lezione di Guy Mallabone sui grandi donatori, nella quale il professore mi ha chiesto di fare un breve intervento sulla mia esperienza di stagista italiano in un’ istituzione canadese. E io ho colto la palla al balzo: un po’ perché è sempre piacere collaborare con una persona da cui ho ricevuto così tanto (durante lo stage, ma anche ora, è sempre stato disponibilissimo). Un po’ perché… voglio dire, dove le trovo altre 25 persone che mi ascoltano mentre parlo di canada e Fundraising senza scappare 😉 ?

Agli studenti di quest’anno faccio pertanto un grosso ringraziamento per come mi hanno accolto e l’attenzione che mi hanno mostrato; e ci aggiungo un grosso in bocca al lupo per il loro futuro.

Anche questa volta però, come tante altre volte in cui mi sono ritrovato a parlare di ciò che ho visto in Canada, la domanda più frequente è stata: “ma si può fare questo in Italia?”. Perchè qui in Italia la cultura è diversa. Perchè qui in Italia il nostro lavoro non viene rispettato. Perchè se negli USA…. da noi invece…

Lasciatemi dare una risposta definitiva a queste domande. Si, si può fare.

Magari non nello stesso modo (si può fare anche meglio!), magari non con gli stessi risultati (potremmo averne di migliori) e magari non da subito. Ma si può fare. A me l’esperienza Canadese è servita soprattutto per questo; per sapere che esiste un altro modo di fare fundraising, e che quel modo è realizzabile. Inutile piangersi addosso, inutile dire che le cose non cambieranno, inutile dire che “di la è diverso”. Meglio cominciare, insieme, a cambiare le cose. Come dice Barack Obama, “change is never easy: but is always possible”

E dopo la sessione di oggi, io sono di nuovo carichissimo! Talmente carico che cercherò di trovare il tempo di seguire anche una delle sue due sessioni al Festival del Fundraising (in entrambe parlerà delle sue 10 lezioni chiave apprese in 30 anni di carriera)

un saluto a tutti allora, e ci si vede al Festival!

Arriva- derci… a Bologna

Alla fine, dopo 3 mesi in Canada (che, vi assicuro, non sono stati freddi come pensavo), sono tornato.

Sono stati mesi fantastici: ho avuto modo di ricevere gli insegnamenti di un grande maestro, Guy Mallabone (se ancora non lo fate, leggete il suo blog, pieno di ottimi spunti).

Ho potuto essere coinvolto in tutte le loro attività, ed in particolare nel lancio della campagna Promising Futures, che consentirà, letteralmente, di dare un futuro all’istruzione di tanti giovani canadesi. Il che ha voluto dire riunioni, preparazione di eventi, partecipare ad una serata di gala, lavorare sugli accordi con i donatori,…. Partecipare a questa campagna è stato davvero entusiasmante, e auguro loro ogni fortuna.

Ma ho anche potuto partecipare al Philantropyc lunch (che emozione vedere fundraiser e donatori festeggiare INSIEME i risultati raggiunti!) e vedere quanto i fundraisers qui si aiutano tra loro. Nonchè farmi un po’ di vacanza a Toronto e Montreal con l’amica e collega del master Hind (in bocca al lupo per il tuo lavoro in Canada!).

Cosa più importante di tutte, ho imparato ad amare un paese magnifico e accogliente: e spero almeno un poco di essere riuscito a far capire agli amici canadesi che si dice “arrivederci” e non “arriva- derci”, e che l’Italia non è solo sole, mare, buon cibo, shopping, relax e… feste di compleanno di modelle minorenni (vicenda sulla quale erano informatissimi…) 😉

Ma non c’è tempo per la nostalgia: ora che sono tornato in Italia ho ancora un po’ di idee canadesi che vorrei condividere su questo blog, devo iscrivermi all’Assif (fatelo anche voi!!!)… e da mercoledì comincio un lavoro  a Bologna (di cui spero di parlarvene presto).

Perciò un saluto e a risentirci presto!

Tornato dal Festival: con voglia di fare e di provare

Il secondo festival del fundraising si è concluso: anche quest’anno ho auvuto modo di partecipare allo stand di  Ammado, il social network (ma non solo) dedicato al non profit. Grazie quindi a Kate Carlise, la businnes development manager di Ammado in Italia, che mi ha permesso di lavorare con lei; una “compagna di viaggio” simpatica e disponibile, dalla quale ho imparato davvero molto.

L’evento è stato sicuramente un successo: per l’impegno dei volontari e del comitato organizzatore, per la voglia di scambiarsi idee ed esperienze dei partecipanti, per la ventata di spunti e novità dei relatori stranieri.

Rispetto all’anno scorso però, ho notato due differenze.

In primo luogo, c’è stato più network: più voglia di conoscerci, maggior scambio di biglietti da visita, insomma una maggior voglia di interazione, che forse è il più grande patrimonio del Festival.

Poi, se l’altro anno molti erano venuti a Castrocaro con l’idea di fare un corso di fundraising a basso costo (e credo che in alcune occasioni il festival si fosse proposto così), quest’anno invece l’atmosfera era ancora di più quella di un incontro degli operatori del settore.

Tra le cose più belle che mi porto dietro, l’aver incontrato dal vivo, anche solo brevemente,  alcune persone che prima avevo sentito solo on line, (come Francesco Quistelli, che sul Festival ha scritto alcune belle osservazioni) e aver ritrovato alcuni che non vedevo dall’anno scorso, come Paolo Ferrara.

L’energia dei relaotori stranieri, Pidgeon e Mallabone.

Gli spunti dalla sessione di Paolo Ferrara e Matilde Puglisi, dedicata al fundraising on line; pensavo che l’email avesse come vantaggi solamente i bassi costi e la velocità, e non avevo mai riflettuto sulle enormi potenzialità di questo strumento per monitarare anche le preferenze dei donatori. perciò… grazie per avermi aperto la mente! (alcune osservazioni sull’agomento le ha fatte proprio Paolo qui).

L’entusiasmo e la simpatia degli altri partecipanti (in primis, i miei compagni del Master in Fundraising di Forlì).

e poi, alcune cose che non vedo l’ora di mettere in pratica! ad esempio ho imparato che:

– è meglio cercare donatori piuttosto che che donazioni.

– i donatori non vanno informati di quello che fa l’ONP: vanno COINVOLTI in quello che fa l’ONP.

– dalle chiacchere al bar a volte si può imparare quanto in una lezione.

– devo studiare seriamente inglese; così se mi capiterà di nuovo di partecipare ad una gara di barzellette tra texani (come mi è davvero capitato) potrò capire qualcosa…

Ci si vede al prossimo anno al Festival!